DANUBIUS UMBRATILIS:
un doppio sogno nel letto del Danubio.



Hanno la parvenza di un sogno, anzi, di un doppio sogno: una visione speculare fatta di acqueforti, vernici molli, acquetinte lavis e colorazioni a mano che fissa su grandi lastre di zinco l’affiorare di suggestioni latenti, intricate e umbratili.


Immagini che nascono sul limes danubiano tra l’urgenza della storia e brani di memoria sepolta, tra le rovine di Petronell-Carnuntum e il Mittelbewusstsein, quel territorio di mezzo fluttuante tra conscio e inconscio che gli artisti sanno bene esplorare: da un lato l’impero romano, dall’altro i barbari, da un lato la pacatezza di un fregio di foglie, un frammento di cultura pittorica parietale romana, ultimo baluardo di “civiltà” sul Danubio; dall’altro l’irruenza di una vegetazione rigogliosa e ingovernabile, la bellezza del dialogo necessario e ineluttabile.


Sono le fantasie scaturite dalla sensibilità di Sergio Pausig e Gian Carlo Venuto, opere che riflettono su se stesse nel fluire del Danubio quasi a simboleggiare un tentativo di autosufficienza che la storia negherà ma che al contempo si specchiano nuovamente per interrogarci sul senso di un confine, sull’innocenza geografica di un fiume o sulla follia dei valli e dei muri oggi più che mai attuale, adesso, come siamo, stretti in un’altra strozzatura di forra.


Quesiti suggeriti che riguardano anche la nostra capacità di “considerarci pari ad ogni altro uomo sulla terra, anzi semplice creatura dell’universo, intessuta del perenne fluire e tramutarsi di tutte le cose e pronto ad accettare la propria parabola senza assumere l’aria accigliata”, nelle parole magistrali di Claudio Magris a proposito dell’imperatore romano Marco Aurelio, che a Carnuntum, ha scritto il secondo libro dei suoi Colloqui, più di 1800 anni fa.


Carnuntum come punto d’incontro e il manifestarsi di testimonianze latenti ma ancora fertili. Il progetto Danubius Umbratilis nasce, infatti, da un viaggio nei luoghi dell’immaginario di Sergio Pausig e da una sosta in una cittadina della bassa Austria che è stata fortezza legionaria e che oggi racconta del suo passato grazie a un importante parco archeologico.
Esplorazione vagabonda che a sua volta si raddoppia, sia nel lavoro gemello dei due artisti sia nei rimandi e nell’indagine delle reminiscenze ispirata da un altro “viaggio sentimentale dalle sorgenti del grande fiume fino al Mar Nero”: Danubio di Claudio Magris, le cui magnifiche parole fanno da sponda e viatico al lavoro ondivago, sottilmente onirico e proprio per questo sapiente, dei due pennelli.

 

Disegni, dipinti e stampe calcografiche di grandi dimensioni che concentrano in un insight, uno e bino, 2860 chilometri di fiume e qualche millennio di storia sui quali appoggiare uno sguardo attento e stupito.

 

 

Marina Mander